Quanto siamo fragili nei confronti della natura

 

Si sa che in un tempo, un tempo molto lontano, i contadini accumulavano scorte consistenti di olio, ma anche di cereali e di vino, nelle loro case e dispense, sia che fossero in campagna, sia che fossero in città. Questo perché il timore della penuria, della carestia, e anche un certo desiderio di accumulo, li portava a sentirsi insicuri nei confronti dell’eventualità, dello svolgersi di una stagione, ma anche di fronte ad un accadimento come un’eventuale conflitto. In alcuni testi della Verona rinascimentale si descrive il rapporto con la natura, e con i fenomeni naturali, in termini di timore e impotenza, oltre che di osservazione attenta. Un sentimento che nella nostra modernità sembra ormai superato, obsoleto. L’uomo del presente si rivela avere talvolta mani disattente. E il maltempo e le piogge di questa estate ci hanno portato in un certo modo a riflettere. La natura non fa altro che il suo corso: la terra è la nostra “dimora infinitamente meno fragile di noi, ma pur sempre fragile” come scrisse Edoardo Boncinelli in un articolo del Corriere della Sera. Recuperiamo la capacità di osservarla e rispettarla, sentendoci ospiti assai privilegiati.

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