Anche negli antichi scritti classici si racconta che prima di procedere alla spremitura delle olive e durante le fasi della lavorazione era fondamentale assicurarsi che tutti gli strumenti, dal frantoio al più piccolo recipiente, fossero perfettamente puliti e resi inodori. Un tempo si procedeva alla pulizia con ranno o liscivia (un detergente naturale fatto acqua bollente e cenere, utilizzato per lavare i panni), da che la minima porzione di materia rancida concilia all’olio cattivo odore. Si trova scritto che gli edifici erano raccomandati ampi, esposti a mezzogiorno e sufficientemente aerati; l’usanza del riscaldare il frantoio con il fuoco acceso in un focolare annesso produceva spesso l’effetto di creare odore nell’ambiente e di conseguenza anche nell’olio: pare che gli antichi ammettessero la presenza di una sola lucerna durante la notte, alimentata dall’olio migliore, affinché non esalasse odore. I contenitori per le olive erano poi di giunco e venivano rinnovati di anno in anno, oltre che utilizzati distinti a seconda della qualità del contenuto e talvolta anche della cultivar.