Le origini del Carnevale di Verona si perdono nella notte dei tempi e sicuramente coinvolge in maniera appassionata e viva tutta la popolazione veronese. Risalente al tardo medioevo, il Carnevale di Verona (il nome originale e’Bacanàl del Gnoco) affonda le sue radici ai tempi di Tomaso Vico, medico del XVI secolo, che lasciò nel suo legato testamentario l’obbligo di distribuire annualmente alla popolazione del quartiere di San Zeno (dove si trova l’omonima Basilica) viveri ed alimenti. Nella “Istoria Veronese” scritta da Girolamo Dalla Corte si narra che, a causa di inondazioni devastanti dell’Adige (1520-1531) e delle incursioni dei Lanzichenecchi di Carlo V che combattevano Francesco I in Lombardia, la città di Verona era ridotta ad una carestia senza precedenti. Date le circostanze e la precarietà nel reperire le materie prime, i “pistori” (fornai) avevano cresciuto il loro calmiere per la produzione del pane. Essendoci scarsità di risorse monetarie per l’acquisto del pane da parte della popolazione e al tempo stesso scarso interesse a produrre quindi il pane, i fornai decisero di bloccare la produzione, non vendendo nemmeno quello già pronto. Ma il 18 giugno 1531 il popolo insorse in quel di San Zeno, dando l’assalto ai fornai e accaparrandosi pane e grano. La rivolta generale fu scongiurata grazie all’intervento di alcuni cittadini, che a proprie spese decisero di contribuire al rifocillamento degli abitanti più poveri del quartiere, nel numero di dodici e su nomina. La tradizione dice che tra gli eletti ci fosse anche il Da Vico, indicato come “istruttore e restauratore” del “Baccanale del Gnocco”, avendo di sua volontà distribuito viveri (pane, vino, burro, ecc.) ai “sansenati”. Nella piazza di San Zeno esiste un tavolo in pietra: è qui che venivano invitati i poveri nel venerdì precedente la quaresima, detto “Venardi Consolàr” (venerdì consolatore). Adiacente sorge il piccolo monumento del Da Vico (morto nel 1531), il cui epitaffio recita:
“Thomas Vicus Philosoph, Medicus et inter rarissimos praeclarus, hic et in his se jussit claudi lapidibus hoc asserens si vixi, resurgam. anno MDXXXI”.